Raccolse i vestiti buttati disordinatamente nella stanza. Diede una pulita frettolosa al tavolo, riempì la ciotola del cane, sciacquò e stese il maglioncino turchese.
Aprì distrattamente il frigorifero : che avrebbe mangiato quella sera ? In quel momento pure quella incombenza le dava fastidio. Avrebbe voluto dormire. E dormire. E dormire.
E invece si trovava intrappolata in una vita non sua, come un'aliena in mezzo agli umani.
Aprì la porta della stanza da letto : il sole la chiamava alla vita.
Spalancò le finestre e chiamò : Etna ! È ora di uscire ! -
Una cucciola scodinzolante fece capolino nella stanza, recando in bocca un fazzoletto appena rubato dalla tasca di un pigiama.
- Cagnolina puzzona ! - disse la ragazza - ho appena pulito la stanza.
Se mi sbrindelli il fazzoletto sul pavimento povera te ! - le disse guardandola con uno sguardo affettuoso.
Buongiorno Signora Rosa - mormorò ad una donna che varcava il portoncino in quel momento.
Aveva perso il compagno della sua vita dopo 50 anni di vita insieme. E non si dava pace, perchè non riusciva più a intravedere il senso della vita.
"La vita ha un senso e sono gli adulti a custodirlo- è la bugia universale cui tutti sono costretti a credere."
"Mi chiedo se non sarebbe più semplice insegnare fin da subito ai bambini che la vita è assurda. questo toglierebbe all'infanzia alcuni momenti felici, ma farebbe guadagnare un bel pò di tempo all'adulto", dice Muriel Barbery ne "L'eleganza del riccio".
Ma chissà se era poi vero si chiese Giulia.
Aprì la porta di casa della signora White, sarebbe venuta, come sempre, ogni estate, e lei le curava il giardino tenendolo ordinato e sempre pronto a visite inaspettate.
La villetta odorava di mughetto e menta selvatica.
Spesse e pesanti tende coprivano e proteggevano la mobilia della casa, non di valore, ma robusta e solida : una parete attrezzata di noce dominava la stanza, e in un angolo una sedia a dondolo sulla quale era piegata una coperta di patchwork nei colori del rosso e del blu.
Uscendo fuori, dietro il cortile posteriore, una distesa di girasoli faceva bella vista di sè.
Ne prese uno : una coccinella ne aveva fatto il suo punto di ristoro temporaneo. Accarezzò il fiore delicatamente e il piccolo insetto le volò sulla mano, con un impercettibile solletico che la fece sorridere.
Fu richiamata alla realtà dal suono del campanello : Giulia ! - chiamò una voce- sei tu ? -
E subito dopo il signor Giorgio, l'aggiustatutto di casa White fece il suo ingresso nella stanza.
La ragazza gli sorrise affettuosa : quell'uomo era sempre disponibile con tutti, ma la vita era stata ingiusta con lui, privandolo presto della moglie e lasciandolo senza figli.
-Scappo- disse la ragazza- oggi devo andare giù in paese per sbrigare faccende.
- Etna ! - chiamò - È ora di andare ! - Al richiamo della padrona, la cagnolina si precipitò nella stanza, non prima però, di saltare addosso al povero signor Giorgio, che fece un ruzzolone e si ritrovò seduto, senza sapere come, sulla sedia a dondolo con la cana pestifera soddisfatta in braccio che lo slinguazzava da capo a piedi.
-Ci rinuncio ! - disse la ragazza arrabbiata - Qualche volta ti mando al canatorio- le fece con aria minacciosa.
Per tutta risposta la cana le si avvicinò con sguardo pietoso, e quando fu sicura che la padrona fosse a portata di tiro, le slinguazzó il viso e corse fuori impunita.
Una calda giornata di fine giugno, spargeva implacabile i raggi del sole su paesi e città. Giulia guardò l'orologio : le 2 del pomeriggio.
Doveva sbrigarsi o non avrebbe fatto in tempo a prendere la corriera.
Le chiavi, quelle benedette chiavi, ma dove caspita si andavano a nascondere ogni singola volta, si chiese.
Mannaggia al mio disordine ! Farò tardi ! - pensò arrabbiata.
E fece tardi davvero, chè la corriera partì, e dovette andare a piedi.
E sì che ce la metteva tutta lei, a trovare quel famoso senso alle sue giornate ed alla vita, che, una volta, un famoso scrittore, aveva identificato scherzosamente in un numero : 42. A dire che è inutile scervellarsi, basta cogliere l'attimo.
Ma quel giorno un senso di impotenza le stringeva il cuore, e, per quanto lei facesse di tutto per far finta che non esistesse, era lì, lo sapeva.
A crearle un nodo alla gola e a farle mancare il respiro a volte.
Non bastava impegnarsi. Semplicemente non bastava. E per quanto lei si illudesse che fosse diversamente, sapeva benissimo che era così.
Guai poi a mostrare agli altri ciò che avevi nel cuore... la gente si sarebbe infastidita della tua sensibilità. O peggio, ti avrebbe equivocata.
Straziandoti il cuore.
-Così è se vi pare- si ripetè Giulia citando un illustre scrittore siculo, che aveva capito tutto della vita.
E lei aveva deciso di fingere.
Di fingere di non farsi problemi. Di fingere che si interessava di cose frivole e senza importanza.
Di pensare che tutto le andava bene, purchè si evitassero liti e fossero tutti contenti.
E si sarebbe resa il più possibile invisibile. Per non disturbare la quiete del mondo con la sua ingombrante e scomoda presenza.
In fondo andava bene a tutti no ?
Tranne forse che a se stessa.
Trattenendo il respiro era riuscita ad arrivare in paese. Quel giorno doveva andare da zia Santa, che in quel momento era in ospedale, per dar da mangiare ai suoi amati gatti.
Aprì lentamente la porta, e nella penombra della casa, minuscoli occhietti spiccarono poco distanti dalla cucina.
- Mia, Teo, c'è la pappa ! - chiamò spalancando le porte del soggiorno per far cambiare l'aria.
La signora Santa era un insegnante di italiano in pensione. Una persona unica ed estremamente rara, di una cultura impressionante, spirito liberale, e carattere peperino.
Giulia la adorava, e quando aveva saputo che era in ospedale si era offerta subito di aiutarla con i gatti.
Quando non ci sarai più mi mancherai- disse a mezzavoce la ragazza mormorandolo alla donna in quel momento lontana ed in fase terminale di un brutto male.
In quel mentre Mia e Teo cominciarono a litigare rincorrendosi per casa.
Ora, si dice dei gatti che sono talmente sinuosi da non distruggere nulla in casa pur saltellando ovunque.
Non so se è falso, o se fu semplicemente un caso.
L'unica cosa che so, è che in quel momento il suono di un crash nell'atrio fece preludere inesorabilmente a qualcosa di rotto.
No! urlò la ragazza- ti prego, fa che non abbiano rotto il pastore di Capodimonte di zia Santa- pensò ansiosa la ragazza riascoltando le parole che la donna le aveva detto prima di andare in ospedale : mi raccomando solo la statuetta di zio Carlo, è un ricordo di famiglia che si tramanda di generazione in generazione.
Non le ci volle molto a capire che il suo timore era fondato : nell'atrio la statuetta di Capodimonte di zio Carlo giaceva miseramente in mille pezzi, mentre i due felini discoli si mimetizzavano colpevoli e prudentemente guardinghi sotto una poltrona del salotto.
Giulia voleva urlare, ma non ci riusciva, era come paralizzata.
Raccolse alla meno peggio un pò di cocci, ed andò in bagno a prendere la scopa per sistemare il resto.
Fu nella penombra di quella stanza che si accorse che si era tagliata, e che perdeva sangue copiosamente.
- Non ci posso credere - mormorò rabbiosamente stringendo il pugno sanguinante - Mi toccherà pure farmi dare i punti alla mano adesso ! - disse sempre più nervosa.
Mise la mano sotto il getto d'acqua del rubinetto, e in quel momento esatto sentì il nodo in gola sciogliersi, e lo stomaco contorcersi fino a farla vomitare.
Boccheggiò e si portò al limite fino al water, dove vomitò tutta la sua angoscia ed il suo dolore.
Ed urlò. In quella casa vuota e semibuia in cui non poteva sentirla nessuno urlò fino a restare senza voce.
E finalmente si sentì libera.
Si guardó allo specchio, mentre provava a sciacquarsi il viso ma non si riconobbe. Dovette fare uno sforzo per capire che ciò che vedeva non era il risultato di qualche allucinazione.
Una meravigliosa creatura si librava in quel momento nella stanza, illuminando l'oscurità con lo scintillio del suo manto.
Lunghe ali per volare in alto si dispiegavano ai suoi lati.
Provò a parlare ... ma non udì parole, solo suoni di melodie.
Una luce azzurra sempre più accecante rischiarò la stanza, e Giulia, sempre più incredula, dovette prendere atto che la fonte di tutto ciò non era all'esterno... era lei !
Asimov in un meraviglioso libro, "Neanche gli dei", nel descrivere gli alieni, ne parla come di creature in cui le istanze razionali si fondono con quelle intuitive e quelle paterne, per formare, una volta del tutto sviluppate, un essere completo.
E l'essere complementari delle varie parti di questo individuo, in una chimica che egli descrive in modo mirabolante con una sensualità da far concorrenza ad un romanzo sentimentale, fa sì che le parti mancanti di ogni istanza si incastrino e completino l'altra, creando l'unicità della creatura che rappresentano.
Noi siamo. Per quanti sforzi possiamo fare per celarlo agli altri, ma soprattutto a noi stessi, noi siamo.
La creatura fatta di luce si librò in alto, oltre la stanza, viaggiando oltre la velocità della luce in lungo e in largo nello spazio e nel tempo.
Fu come essere investiti di un'energia potente e mai statica, ma sempre in movimento ed in evoluzione.
Giulia, tra lo stupore e l'eccitazione, si abbandonò alla forza che l'avvolgeva, travolgendola di una pace e serenità mai avuta.
Improvvisamente niente importava più, solo trattenere più a lungo possibile le sensazioni meravigliose che stava provando.
D'improvviso, come era iniziato, tutto finì, la luce azzurra lentamente si esaurì e Giulia si guardò allo specchio : era tornata normale.
Stupefatta per l'inaudita esperienza, si recò subito in ospedale dalla zia, per raccontarle dell'accaduto.
-Oh zia, mi sembra di impazzire- raccontò tra le lacrime ma felice.
- Che strane allucinazioni ho avuto dunque questo pomeriggio ? - chiese abbracciandola.
- Hai semplicemente visto il potere che la fantasia dà all'anima- rispose la zia guardandola con un sorriso tenero - Non lo sapevi forse che quello del pensiero è il potere più forte che esista ? - proseguì facendole l'occhiolino.
Giulia da allora non ebbe più esperienze di questo tipo. Ma imparò che anche nei momenti tristi e bui, noi esseri umani abbiamo delle risorse nascoste che ci permettono di valicare montagne e volare in alto, oltre il tempo e lo spazio, semplicemente lasciandoci andare e affidandoci alla forza della nostra immaginazione.
A Santa Navarria, un'amica dei miei genitori, ma anche mia. Che ha lasciato nel mio cuore da cerbiatto impronte di geniale creatività.
Ti voglio bene prof, e sarai sempre con me ❤
Foto di Valeria Ronsivalle
Nessun commento:
Posta un commento
Benvenuto nel mio blog !
Lascia un commento, sarò lieta di ascoltare la tua opinione, e ti sarò grata se mi lascerai un nome, così capirò chi mi ha scritto.
Grazie e...buona lettura !